martedì 14 febbraio 2012

Italia? Grazie, non studio

La fuga di giovani cervelli dall'Italia è stata monetizzata in quasi 2 miliardi di euro all'anno che finiscono nelle casse di nazioni "concorrenti". Tanto valgono i brevetti messi a punto dai nostri geni valorizzati oltre confine. Ma che l'appeal del nostro Paese sia ormai ai minimi storici lo dimostra anche lo scarso effetto sostituzione. La cifra di 50mila permessi per motivi di studio fissata dal Ministero degli Esteri non verrà sforata. Di nuovo. In Italia si viene per raccogliere, non per costruire. Solo il 4% degli studenti proviene dall'estero, cifra che non compensa l'emorragia di talenti che scappano verso lidi migliori. Il terreno accademico è arido, per nulla fertile, non ha mercato dentro e fuori, stritolato dai tagli e da una dinamica baronale propria più del medioevo che di un mercato plurale e globalizzato. Una lenta agonia che porta solo a una conclusione: l'eutanasia del sistema universitario e scolastico, anticamera dell'espulsione dai mercati che contano. Siamo fermi a dieci anni fa, tagliamo mentre gli altri investono per non essere costretti a tagliare. Tutte le discussioni sull'art.18 e la flessibilità del lavoro sono inutili senza una vera riforma del sistema formativo, ovvero senza investimenti ingenti e continuativi sulla ricerca, condivisi sopratutto dalla rete industriale nazionale e internazionale (sullo stile Usa) e non più dipendenti esclusivamente da fondi pubblici.

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